Joe Buffalo è una leggenda dello skateboard indigeno. È anche un sopravvissuto al famigerato sistema di scuole residenziali indiane del Canada. Dopo un’infanzia traumatica e decenni di dipendenza, Joe deve affrontare i suoi demoni interiori per realizzare il suo sogno di diventare professionista.
Lo skateboarding sta acquisendo sempre maggiore fama mondiale; non solo in ambito prettamente sportivo, dove grazie anche alle Olimpiadi di Tokyo 2020 ha avuto un boost rilevante sia nella mediaticità, sia nell’interesse di amministrazioni, di brand e delle nuove generazioni; ma sembra essere diventato un punto di riferimento anche nel Cinema. Alcuni dei documentari più importanti prodotti negli ultimi anni, abbiano come fulcro degli stessi lo skateboard. Stiamo parlando in particolare del documentario del 2018, Minding the Gap, che ha ricevuto una nomination all’Oscar; Learning to Skateboard in a Warzone (If You’re a Girl), il film uscito nel 2020 che ha vinto l’Oscar come miglior cortometraggio documentario.
Ed è il caso anche del nuovo documentario diretto da Amar Chebib, a cui ha partecipato come produttore esecutivo persino la leggenda Tony Hawk: Joe Buffalo. Il documentario, candidato agli Oscar, ha già vinto numerosi premi; tra cui il premio del pubblico SXSW, il premio della giuria e del pubblico al REGARD film festival, il premio Calgary Undergound film festival, selezionato al Tribeca film festival molti altri.
Il film è incentrato sull’omonimo Joe Buffalo, nato da una famiglia di origine Samson Cree, si tratta di tribù indigene, in Alberta, Canada. Da bambino rimase affascinato dallo skateboard vedendo il cugino farci dei trick sopra; ma non potè alimentare questa sua passione poiché all’età di 11 anni, fu portato via dalla sua famiglia e mandato in una scuola residenziale. Le scuole residenziali erano un sistema educativo per bambini indigeni; istituito nel 1600, ancor prima dell’esistenza del Canada come paese, e durato fino alla fine degli anni ’90. Erano una sorta di collegi istituiti dal governo e gestiti dalla chiesa con lo scopo, a detta loro, di rieducare i bambini dal punto di vista cristiano. I bambini venivano allontanati dalle loro case e famiglie con la forza e sottoposti ad una durissima disciplina, a fame, abusi e altre atrocità.
L’intento, dunque, come ben riassunto dalla voce fuori campo nel film era “Uccidi l’indiano e salva il bambino”. Ma Buffalo riusì a finire questa “scuola”, e una volta libero riprese il suo amato skate, diventando bravo, veramente bravo; ad un passo dal diventare professionista però il trauma delle scuole residenziali e le lesioni interne alla sua anima che gli avevano prodotto, lo portarono a sviluppare in una bassa autostima, che sfociò in alcolismo e tossicodipendenza. Da qui il viaggio per uscire da questa situazione e coronare il suo sogno di diventare pro-skater.
Non vogliamo raccontarvi altro per evitare spoiler, vi invitiamo a cercarlo e vederlo! Vi lasciamo intanto qua sotto il trailer.
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